-La bravura di Salvatores di dipingere continenti differenti;
-L'espressività di tutti i protagonisti;
-Del fascino del paradosso di valori/violenza;
Tratto dal magnifico primo libro di Nicolai Lilin, Educazione Siberiana narra la fine di un'epoca, quella degli "onesti criminali" (un ossimiro come dichiarano gli autori) siberiani costretti dai russi a una migrazione forzata in Transnistria. In questa comunità criminale due bambini, Nicolai "Kolima" e Gagarin crescono, imparando dal saggio "nonno" Kuzya (un magistrale John Malkovic) i valori della propria comunità. Dal sapere a chi si può rubare, al divieto di spacciare, al rispetto per i poveri, al forse senso religioso fortemente iconografico.
Nicolai e Gagarin crescono insieme ad altri due ragazzi Mel e Vitalic rubando e picchiando giovani di altri quartieri fino all'arrivo di una presenza femminile: la figlia del nuovo medico, Xenya. Questa rappresenta nel film la parte più delicata e sensibile della comunità siberiana. Xenya deve essere protetta perchè è diversa, è una voluta da Dio.
I due protagonisti (due bravi esordienti lituani, Arnas Fedaravicius e Vilius Tumalavicius) si dividono e si ritrovano tra il freddo della neve, il clima austero della prigione, continui flashback dalla Cecenia (presente nel secondo libro di Linin e non nel primo, almeno non come nel film), il significato dei tatuaggi (il tatuatore è come un confessore a cui raccontare la propria vita e sarà lui a trasformarla in simboli sul corpo del confesso), Educazione Siberiana è la storia di un'epica tragedia.
Proprio come la fine dei Samurai per il periodo medievale Edo del Giappone e il mondo di Corleone nella saga del Padrino (anche qui sono l'ingresso della droga e la bramosia per i soldi a corrompere i protagonisti), Educazione Siberiana racconta un mondo che non esiste più, seppellito da una nuova e viziata Russia occidentalizzata.
Dal 4 al 7 Aprile la versione teatrale di Educazione Siberiana sarà al Teatro Metastasio di Prato.
per scoprire l'aspetto romantico e delicato della vita
“… we can beat them, just for one day
we can be Heroes, just for one day...”
Sulle note di questo indimenticabile pezzo di David Bowie scorre tutta la pellicola del regista Stephen Chbosky, autore stesso del romanzo epistolare dal quale il film è tratto: “The perks of being a wallflower”, tradotto banalmente “Noi siamo infinito”.
Un film che parla di quegli amori che solo a sedici anni si possono vivere, scorrendo sulle note di brani registrati sulle musicassette, tra cui Dexys Midnight Runners, The Smiths e The Samples.
Charlie è uno studente del primo anno, senza amici, di una dolce timidezza che lo porta a starsene sempre in disparte, a fare da tappezzeria, fin quando non incontra Patrick e Sam, due fratellastri particolarmente estroversi che lo accolgono nella loro isola dei giocattoli difettosi.
Strizzando l'occhio a “The Dreamers” e “Donnie Darko”, entriamo piano piano nel mondo estremamente fragile del protagonista.
Una storia fatta di sogni e di incubi, di paure insite nello svelare cio' che si è, che racconta di come gli anni dell'adolescenza siano i più crudi e i più indimenticabili della vita di uomo, perchè mai nulla sarà come quella notte in cui hai sfiorato le sue labbra e tutto sembrava così assolutamente perfetto e fugace, tanto da avere paura di riaprire gli occhi.
Un racconto di formazione, per tutti coloro che non hanno mai smesso di credere nei proprio sogni e di affrontare le proprie paure, riuscendo ad essere eroi anche solo per un giorno, spinti da quella forza che muove il mondo attorno a noi; lasciandoci inconsapevolmente trascinare nel suo vortice. Perchè l'amore sarà sempre l'unica cosa che ci salverà, non limitandoci ad accettare solo quello che, a torto, pensiamo di meritare, riuscendo a staccarci dalla parete alla quale siamo appoggiati.
Un film che fa sognare, riflettere e commuovere, attraverso gli occhi di questi tre studenti di Liceo, interpretati da tre attori emergenti: la giovane promessa del cinema inglese Emma Watson, accompagnata dal tenero e insicuro Logan Lerman e dall'affascinante Ezra Miller.
- Una buona occasione per ascoltare musica in teatro
- Premio Oscar per la colonna sonora di "La vita è bella"
di Roberto Benigni, concittadino pratese
- Serata piacevole nonostante la pioggia
Mercoledì 20 febbraio 2013, Il teatro Politeama pratese ha ospitato il premio oscar Nicola Piovani.
Pianista, compositore e direttore d'orchestra nonché autore di colonne sonore per il cinema e il teatro, il maestro ha portato sul palcoscenico Quintetto, una carrellata di musiche scritte per personaggi illustri quali Marco Bellocchio, Federico Fellini, Nanni Moretti, Roberto Benigni e Fabrizio De Andrè, riarrangiate per essere accompagnate da altri strumenti musicali.
La performance comincia con un assolo di Piovani che suona Poeta delle ceneri per poi passare a Il pianino delle meraviglie con l'entrata degli altri musicisti: 4 artisti che suonano in tutto una decina di strumenti; Andrea Avena al contrabbasso, Pasquale Filastò a violoncello e chitarra, Cristian Marini alla batteria, percussioni e fisarmonica e Marina Cesari al sax, clarinetto e flauto, tutti di una professionalità e bravura da lasciare il pubblico a bocca aperta.
La terza opera proposta è La stanza del figlio, scritta per il film di Nanni Moretti, segue Il Valzer della cioccolata e conclude la prima parte dello spettacolo poeta delle ceneri, la stessa composizione suonata in apertura ma con i musicisti al completo.
Piovani presenta questo spettacolo come "musica attiva", quella musica che si sceglie, quella "corpo a corpo" teatrale, "attore" (in questo caso musicista)-spettatore e non come musica passiva, che non scegliamo ma ci ritroviamo a sentire nei luoghi pubblici (supermercato, uffici, studi..).
Introduce la seconda sfilza di musiche raccontando l'esperienza lavorativa con Fabrizio De Andrè, poeta che canta di libertà, al quale dedica le prime due opere della seconda successione: Non al denaro, non all'amore né al cielo e Storia di un impiegato.
Da De Andrè, passa a AnnoZero e La vita è bella con la quale l'entusiasmo del pubblico che si trovano alle mie spalle cresce come se fossero lì solo per quella.
ph. Andrea Martini
La suite di musiche che segue è dedicata alla mitologia.
Piovani, come un buon oratore, ci narra la leggenda di Cassandra, donna capace di prevedere il futuro per aver giaciuto con Apollo ma che, rifiutandolo la seconda volta, viene punita con la condanna di non essere mai creduta nelle le sue previsioni.
Poi ci racconta di Icaro, il labirinto, le ali e la sua imprudenza che paragona all'imprudenza dei giovani d'oggi, di Narciso, che cancella il prossimo e per il quale gli altri non esistono e alla società attuale dove tutti, più o meno, sono Narcisi e spesso soli.
Apre la suite una musica che lui definisce un canto senza parole che si conclude con un lungo "LA" su un finale di settima, il titolo è: La melodia sospesa. Poi suona: Il volo di Icaro, Narciso, Eco e Il bacio di Narciso.
Il finale è dedicato ad un film di Federico Fellini, il suo ultimo film, al quale Piovani è molto affezionato: La voce della luna.
Ispirato al romanzo Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni, il filmsi conclude con il protagonista, Ivo Salvini (Roberto Benigni) che, in un prato, sotto le stelle, dice:
"Eppure io credo che se ci fosse un po' di silenzio, se tutti facessimo un po' di silenzio, forse qualcosa potremmo capire."
La frase è riferita al silenzio in contrapposizione alla troppa informazione, quella che Gillo Dorfles definisce "fracasso mediatico"; è una critica alle troppe notizie, al continuo bombardmento di risposte che il potere ci impone attraverso la moda, la Televisione. Secondo questo principio, sembra che tutto quello che non venga passato in TV non esista.
Piovani conclude lo spettacolo con un pezzo scritto per un film francese mai uscito in Italia: "Le code a changé".
Dopo un lungo applauso finale, che dedica alle 2 ore di "inesistenza" passate insieme, Piovani torna sul palcoscenico per farci riascoltare, insieme agli altri musicisti, ancora l'opera che ha aperto la serata.
Ph. Andrea Martini
Artista ironico che ci ha coinvolti appassionandoci coi i racconti e, naturalmente, con la musica, Piovani ci fa conoscere, oltre alle sue opere che ascoltate dal vivo, "corpo a corpo", sono tutta un'altra cosa, questo gruppo di musicisti decisamente bravi, affiatati e coordinatissimi tra loro, che ci hanno regalato una serata piacevole, lasciandoci un sorriso e una bella sensazione di serenità; peccato però, vedere il Politeama con parecchi posti vacanti. In questo caso, probabilmente, il "fracasso mediatico" ha funzionato poco.
L'evento, organizzato dall'associazione Fonderia Cultart, viene inserito nell'iniziativa pratese "Febbraio, tutti al cinema in centro”. Il progetto tende a sostenere la cultura cinematografica, le tre sale e i teatri del centro storico.
Scritto da Claudia Ceroni, Mauro Monni e Giovanni Palanza.
Regia e attori Mauro Monni e Giovanni Palanza.
-Per la bellezza di un’utopia;
-Perché l’utopia diventa realtà;
-Per la bravura dei due attori.
Nel 1968
in pieno clima rivoluzionario, l’ingegnere bolognese Giorgio
Rosa (Mauro Monni) propone al suo amico e confidente Pietro (Giovanni Palanza) la
sua idea di fondare una nazione tutta sua: l’Isola delle Rose. Al largo della
riviera romagnola, in acque internazionali ma facilmente raggiungibile da
Rimini, l’ingegner Rosa vuole costruire una piccola piattaforma di 20x20mq,
alta cinque piani per i turisti, gli avventurieri e i sognatori. Perché
l’ingegner Rosa è un sognatore, che immagina una sua micronazione lontana dalle
“rivoluzioni dei capelloni” ma anche dalla società omologatrice e convince
Pietro a lasciare sua moglie a Bologna e tentare questa folle impresa.
Così quello che sembra impossibile si realizza, forse per
ora non i cinque piani pensati da Rosa, ma l’isola piattaforma viene costruta e
i due compagni sognatori, come moderni Don Chisciotte e Sancho Panza, diventano
rispettivamente il Presidente e il Ministro delle Poste. Surreali quanto la Nazione di 20mq che
rappresentano.
Battute e citazioni colte (come il già menzionato Cervantes), vecchie canzoni e la sana ironia (presente nei Match d'Improvvisazioni teatrale che i due conoscono molto da vicino) condiscono tutto lo spettacolo in una continua serie di risate.
Tra panfili che passano e salutano, i problemi
d’inaugurazione di un nuovo stato con lingua ufficiale esperanto, la bandiera
usata come straccio, l’inno (“qualcosa di grande e di piccolo contemporaneamente”
indovinate quale canzone dei Pooh viene scelta?), i problemi fisici di una
micronazione e problemi con l’Onu, il sogno utopico di Rosa è diventato realtà,
ma si deve fronteggiare con altre realtà più solide, lo Stato Italiano in
primis.
Ci sono due considerazioni finali:
- La cosa più incredibile è che la storia dell'Isola delle Rose e del suo ambizioso ideatore è vera (non molti la sanno),
la potete leggere qui. Certo, gli autori l’hanno resa più poetica e sognante,
Giorgio Rosa era un ex-repubblichino di Salò con fini meno poetici e più economici.
-Il talento di questi due attori fa si che uno
spettacolo di solo due persone, uno spazio così claustrofobico (che a tratti mi
ha ricordato il minuscolo pianeta del Piccolo Principe) sia ironico e esilarante, ma al tempo stesso intenso e ricco di
emozioni.
I due monologhi finali sull’utopia e sull'infelice destino di chi
distrugge un’utopia sono attuali come non mai nei giorni che stiamo vivendo.
Accompagnato dal maestro Giulio Barocchieri alla chitarra, Davide Enia porta sul palcoscenico il suo libro illustrando la Palermo nella quale è cresciuto, quella reale, quella violenta degli anni '80.
Davide Enia, pugile. Davide Enia, pugile come suo padre, pugile come suo nonno.
Uno stralcio di vita vissuta che va dalla prima guerra mondiale, alla guerra d'Africa, agli anni più vicini a noi, gli anni '90. Il racconto di una Palermo sporca, feroce dove, in questo caso, la boxe è sinonimo di lotta, di reazione contro ciò che ci mette al tappeto…
Lo Spettacolo comincia con un breve "canto" in siciliano, quasi una nenia, per poi continuare con la lettura, "interpretata" e commentata dall'autore, di alcune parti del racconto.
Davidù, per la prima volta sul ring a 9 anni contro Carlo, 26. Davide finisce al tappeto.
Davidù, cresciuto senza padre ma sotto la protezione dello Zio, zio Umbertino.
Davide con lo zio dal barbiere dove, con un giornaletto erotico tra le mani, ascolta attentamente il dialogo sugli "arrusi".
Per chi non lo sapesse "arruso" in palermitano è sinonimo di omosessuale.
Una malattia. Si viene contagiati anche bevendo dalla stessa bottiglia ma, per essere sicuri di essere ancora "sani" si va da Pina, la prostituta del paese… ed è qui che Umbertino s'incazza. Si alza, si avvicina a Toni e gli "da la possibilità" di scegliere tra braccia o gambe. La scelta scartata non rimarrà intera e nessuno dirà niente, Toni sarà, magicamente caduto!
Il racconto si sposta alla prima guerra mondiale, a Umbertino adolescente, vivo grazie ad una prostituta, una buttana, semplicemente perché quando una bomba cadde sulla sua casa, lui era a "ficcare" con lei. Dalla guerra in poi Ubertino andrà sempre a "buttane" portando loro rispetto e gratitudine.
Il racconto torna a Davidù, al suo amichetto Gerruso, un bimbo mite, buono come il pane, purtroppo vittima del bullismo tra bambini e descrive la scena pietosa dello scontro tra Gerruso e il prepotente di turno, tale Pullara, che lo incita a tagliarsi una falange minacciando di far male alla cugina, la bambina dai capelli rossi e poi la promessa, quella che fa Davide: "non le succederà niente".
La caduta di Gerruso, Pullara, la bambina, i pugni, il sangue, le auto, gli spari, la polizia e zio Umbertino che lo prende e lo riporta sul ring a sfogare la rabbia, quella rabbia che ti fa andare avanti quando devi reagire al disonesto.
L'unico pensiero di Davidù mentre combatte è Lei.
Torna indietro, alla guerra d'Africa, alla voglia di vivere e lottare dei prigionieri e al nonno Rosario, sopravvissuto.
Poi passa alla donna killer: Mery, che Umbertino chiamava Lazzara perché "resuscitava la minchia anche ai morti", figlia e nipote di "pulla" (sinonimo di prostituta); Lazzara, la migliore, la pulla più pagata di Ballarò già a 14 anni. Lazzara che lo adora perché non la definisce "bona" come tutti gli altri ma bella, un termine di una delicatezza che pochi considerano tale. ... "La felicità di una buttana!"
Ci racconta poi il matrimonio, divertentissimo, dei genitori e conclude con l'apertura della palestra e del "baratto" di zio Umbertino col prete: "Ascoltami buono, prete, accussì evitiamo di perdere tempo. Per ogni persona che mi arriva in palestra dalla tua parrocchia, io ti faccio avere, ogni domenica, pagata da ìddu, una offerta che tu m'avìssi a baciare le mani, prete. Quindi, quando dici messa, all'omelia ci devi consigliare ai fedeli di venire in palestra 'nni mmìa, il motivo t'u inventi tu, voi siete bravi a parlare, prete..."
Lo spettacolo finisce con l'uscita del chitarrista e con l'autore che si siede davanti al pubblico a chiacchierare come i vecchini per le strade di palermo, della sicilia in generale, nei pomeriggi caldi all'ombra dei tetti col profumo del tempo che si ferma e i bambini a correre per le strade e ci racconta l'inizio della sua vita pugilistica, dall'essere "nessuno" in palestra ad essere qualcuno a cui portare rispetto solo per aver trovato il coraggio di rispondere all'allenatore. Finisce comunque con un pugno in faccia e la frase "Signor scrittore, la guardia alta!".
Uomo simpaticissimo e autoironico, dallo spiccato accento siculo, Enia ci fa entrare in quel mondo, quello dei pregiudizi, dell'omertà e della facile e "innocente" corruzione facendoci immaginare le scene per come sono, tragiche e comiche, viste dall'esterno ma anche viste attraverso gli occhi di quel bambino.
Ci fa vivere ogni emozione provata, ogni sensazione, ogni paura.
Tutto questo solo dalla rappresentazione teatrale... figuriamoci a leggere il libro!
di Giuseppe Verdi (1813-1901)
Melodramma in tre atti
Il 2013 è considerato l'anno verdiano perché celebra il bicentenario della nascità di Giuseppe Verdi, autore di opere quali Rigoletto, Trovatore, Nabucco, Otello, Don Carlo, Macbeth, Aida e Traviata. Proprio quest'ultima apre la stagione concertistica empolese.
La Traviata, opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, fa parte della cosiddetta “trilogia popolare” insieme al Rigoletto e al Trovatore.
Siamo a Parigi.
Il primo atto della storia è ambientato nella casa della protagonista, Violetta Valery, una popolare cortigiana che organizza una festa, invitando la borghesia parigina, per distogliere i pensieri dalla solitudine e dalla malattia che la affligge.
Alla festa le viene presentato il giovane Alfredo Germont che si innamora perdutamente di lei e le dichiara i suoi sentimenti.
Dopo aver ceduto all'amore di Alfredo, nel secondo atto, i due vanno a vivere insieme in campagna. La loro situazione economica non è delle migliori così Violetta decide di vendere i suoi gioielli per pagare i debiti, lui però per aiutarla va a Parigi per cercare dei soldi.
Nel frattempo Violetta riceve la visita di Giorgio Germont, padre di Alfredo, che la insulta insinuando di voler rovinare il figlio e le chiede di lasciarlo per togliere dall'imbarazzo e dalla vergogna la sua famiglia, caduta in disonore per la vicenda; a causa della loro relazione infatti, la sorella di Alfredo non può più sposarsi.
Violetta accetta ma quando Alfredo torna, prima gli dichiara il suo amore e poi fugge lasciandogli una lettera senza la spiegazione del suo abbandono. Il protagonista, disperato, viene consolato dal padre.
Trovato un biglietto d'invito per una festa a casa di Flora, Alfredo vi si reca sperando di trovarci anche Violetta; i due infatti si incontrano ma lei è accompagnata dal suo ex amante, il barone Douphol. Durante la serata Douphol e Alfredo si sfidano a duello.
Nel terzo e ultimo atto la malattia di violetta peggiora.
Annina le porta una lettera di Giorgio, dice che Alfredo è fuggito dopo aver ferito il barone durante il duello, che ha saputo tutta la verità riguardo la loro separazione e che sta tornando da lei per riabbracciarla.
Giunto da Violetta, Alfredo capisce la gravità della sua malattia ma la felicità li porta a sperare in una guarigione della donna. Un'illusione!
Violetta muore tra le braccia di Alfredo dopo avergli regalato un ciondolo con il suo ritratto.
Protagonisti.
Il soprano: Silvia Di Falco, una Violetta giovane, un talento in erba che cresce piano piano sul palcoscenico Fiorentino, capace di immedesimarsi in modo eccezionale nel suo personaggio, esprimendo e trasmettendo al pubblico le gioie e i dolori della Violetta verdiana, espressione della passione, della spensieratezza, apparentemente superficiale ma, in realtà, donna fragile che cerca la salvezza nell'amore (Amami Alfredo) e sacrifica se stessa x averlo.
Il tenore: Enrico Nenci, un Alfredo Germont magnifico, capace di esprimere l'impulsività e il vigore giovanile, un'indole di facile corruzione votata al denaro e alle convenzioni della società borghese.
il basso-baritono: Romano Martinuzzi, Giorgio Germont, padre di Alfredo e terzo personaggio principale dell'opera, dalla voce intensa, emblema dei pregiudizi e dei valori della società dell'epoca.
Flora Bervoix e Annina, personaggi comprimari dell'opera, sono state interpretate da Luisa Beltrame e Mariantonietta Valente.
L'accompagnamento musicale è stato dato dal pianista e organizzatore della "rassegna" David Boldrini dell'associazione Ramimusicali di Empoli.
Davvero bravi tutti gli interpreti.
Una performance accurata e precisa, dal fraseggio chiaro ed espressivo e dalla linea di canto particolarmente morbida, mutata tenendo alzate le voci di un tono e sforzandole, purtroppo, a causa della poco "amabile" acustica del teatro dalla parte del palcoscenico. Per questa difficoltà superata con destrezza, va fatto un doppio applauso ai cantanti, che nonostante lo sforzo, hanno eseguito con maestria il melodramma, mostrando i conflitti tra personaggio e società, la società del tempo che, paradossalmente, si potrebbe definire uguale a quella dei nostri giorni riguardo la morale, il perbenismo e la presunzione nel considerare merce tutto quello che si "desidera".
Un critica va fatta alla location, la Sala "il Momento" di Empoli; ambiente con delle buone potenzialità ma poco valorizzato e "accogliente" per essere il teatro del duomo di Empoli (Collegiata di Sant'Andrea) e, di conseguenza, la scenografia; vero è che non siamo alla Fenice!
Il pubblico, che ha riempito i 200 posti della sala, è stato in parte critico ma molto caloroso e ha regalato applausi sinceri e meritati agli interpreti dell'opera.
Silvia Di Falco
Soprano. Siciliana di nascita e diplomata nel 2004 all'Istituto Musicale "V. Bellini" di Catania, Di Falco consegue nel 2007 la specializzazione di II livello al Conservatorio "G.B. Martini" di Bologna, si esibisce per importanti associazioni musicali italiane come e all'estero, in Spagna, in teatri del New Jersey, della Florida, di Panama, Cairo, Varsavia e Ljubliana.
Attualmente collabora con diverse associazioni toscane.
Enrico Nenci
Tenore. Dal 1984 svolge una notevole attività concertistica e lirica che lo vede interprete dei maggiori ruoli tenorili nell’opera italiana come: Il Duca di Mantova nel Rigoletto, Alfredo Germont in Traviata, Manrico nel Trovatore, Edgardo nella Lucia di Lammermoor. E' stato interprete numerose volte delle opere di G. Puccini Si è esibito in numerose città Italiane e straniere. Molto attiva la collaborazione con il Festival Pucciniano di Torre del Lago con numerosi concerti diretti dal M° Massimo Morelli. E’ stato interprete nella basilica romana di S. Ignazio dell’oratorio la “Passione di Gesù” di Padre Domenico Bartalucci maestro perpetuo della "Cappella Sistina".
Romano Martinuzzi
Basso-Baritono. Nato a Prato, ha esordito come "Ceprano" nel Rigoletto di Verdi. Dopo i primi impegni teatrali che lo hanno visto protagonista nel Barbiere di Siviglia di Rossini (ruolo di Basilio) e nella Bohème di Puccini (ruolo di Colline), i suoi interessi si sono incentrati soprattutto sul repertorio sei-settecentesco. In seguito, spinto anche dall'incontro con Peter Phillips (direttore del prestigioso complesso vocale "The Tallis Scholars"), ha intrapreso tournée concertistiche di musica rinascimentale e barocca (alcune proprio con lo stesso Phillips).
E' stato più volte invitato ai concerti delle associazioni "Prato Lirica" e "Firenze Lirica". Ha inciso, inoltre, alcuni dischi di musica rinascimentale e barocca per case prestigiose quali: Tactus, Dynamic, Experia. Svolge intensa attività artistica nel campo liederistico.