-Per riscoprire il valore dell’essenziale
-Per acquistare nuovi punti di vista
-Per rispecchiarci in un’invisibilità comune a tutti
ideazione e regia Claudio Morganti
testo di Rita Frongia
tratto da Wozzeck di Alban Berg
e Woyzeck di Georg Büchner
con Gianluca Balducci, Rita Frongia, Claudio Morganti, Francesco Pennacchia, Antonio Perrone, Gianluca Stetur, Grazia Minutella
musiche di Claudio Morganti tratte da Alban Berg, Arnold Schönberg, Gustav Mahler, Anton Webern,
Arvo Pärt, David Sylvian
tecnico Fausto Bonvini
cura del progetto Adriana Vignali
-Per riscoprire il valore dell’essenziale
-Per acquistare nuovi punti di vista
-Per rispecchiarci in un’invisibilità comune a tutti
Chi accompagna chi? O chi accompagna che cosa?
È l’ombra che prosegue l’essere umano o viceversa?
In un incontro di gelosia e stupore umano si consuma un dramma apparentemente ordinario e schietto.
Non ricerchiamo contenuti filosofici.
Non è la narrazione ad essere protagonista; essa funge da preziosa cornice in uno studio più approfondito in cui ognuno di noi diventa parte di quelle ombre senza volto ma dall’anima visibile.
I movimenti del corpo si perdono nei contorni dati troppo per scontato nel quotidiano. Le ombre cambiano come cambiamo noi stessi nel quotidiano, nello scorrere del tempo.
L’immaginazione si perde nell’oscurità per dar vita ad una moltitudine di colori sempre nuovi.
Le voci parlano finalmente; lo spettatore non le “osserva” ma raffina il proprio udito.
L’incisività della storia che contorna queste anime tiene incollati gli sguardi allo schermo senza avvertir mai la voglia di cambiar canale.
La forza delle immagini viene evidenziata dall’ingigantirsi o meno di queste macchie animate.
La scenografia, anch’essa giocata con le luci diventa fumetto o colore o persino si annulla per dar spazio solo a ciò che veramente conta nella scena.
Un’ultima frase da spendere a favore della musica e dei suoni così intensi da riuscir da soli a sconvolgere chi si trova seduto. Talvolta si rabbrividisce, talvolta si sussulta ma è impossibile restar indifferenti a dei toni così importanti e ricchi di pathos.
Unico neo? Avrei ridotto ancor di più la parte recitata e gradito che fossero anche loro, le protagoniste ombre a ricevere i meritati applausi.
Rizzosi.
giovedì 22 marzo 2012
mercoledì 14 marzo 2012
Quasi Amici di Olivier Nakache e Eric Toledano.
Quasi Amici di Olivier Nakache e Eric Toledano.
-Amicizia
-Disabilità (senza banalità)
-Nessuna pietà (e ironia)
Due realtà sociali si incontrano/scontrano nella Parigi di questo divertente film, quella di Philippe e Driss, il primo ricco paralizzato dal collo ai piedi trova nel secondo, immigrato senegalese delle banlieue povere della città, un valido badante. I due personaggi sono praticamente contrapposti in tutto e per tutto: dalle condizioni fisiche , la cultura di provenienza, il rapporto con le donne e persino i loro gusti musicali. Eppure sono uniti da un ironico pragmatismo che gli permette d'instaurare le proprie difficoltà (quelle fisiche di Philippe e quello sociali di Driss), fino a farli diventare complici in nome di un'amicizia pura, nel senso più letterale del termine. Il film francese ha il pregio di affrontare un tema delicato, la disabilità, senza nessuna retorica, banalità o caduta di stile. In una scena un amico di Philippe lo avverte che il nuovo badante non ha una fedina penale pulita e conclude il discorso con: "quelli sono senza pietà". Il ricco disabile gli risponde: "per questo mi piace, perchè non ha pietà verso di me".
Ispirato a una storia vera ed arricchito da una colonna sonora (Ludovico Einaudi, Earth, Wind & Fire, fino a Vivaldi), Quasi Amici in patria è valso a Omar Sy nei panni dello statuario Driss due premi, il César e il Lumière. In Italia è arrivato in sordina, ma grazie al passaparola degli spettatori sta resistendo nelle sale, segno che il nostro pubblico qualche volta premia la qualità.
MG
mercoledì 7 marzo 2012
Hugo Cabret di Martin Scorsese.
Primo punto di vista: Hugo Cabret è un simpatico film per bambini, che mischia la realtà storica della Parigi postguerra mondiale alla fantasia meccanica del piccolo Hugo. Pecca un po' sulla parte fantasiosa, un'automa che scrive è un po' anacronistico (ma non del tutto), e poi è un film di fantasia che diamine!
Secondo punto di vista: Hugo Cabret è un omaggio alla storia del cinema in particolar modo ai primi capolavori del cinema muto e all'inventore degli effetti speciali, George Melies. Per farlo si affida a mezzi come la tecnologia 3D e numerose citazioni cinematografiche e ricostruzioni storiche. Raccontare la storia (inventata) del cinema muto con la tecnologia 3D è un modo fantastico per chiudere il cerchio della storia del cinema, può sembrare un controsenso (diciamolo poi spesso gli occhialini e le scene sono alquanto fastidiosi alla retina!), ma la neve tridimensionale su Parigi è un bell'effetto speciale. Quanto alle citazioni storiche, il disastro della stazione Montparnasse sognato dal piccolo Hugo e l'incredibile vita di George Melies valgono da sole tutto il film. Le citazioni cinematografiche mandano in sollucchero ogni amante del cinema muto o studende del DAMS et similari: da "Viaggio nella luna" dello stesso Melies a "Preferisco l'ascensore" per la scena dell'orologio, passando per Chaplin e Buster Keaton scatenando una vera caccia alla citazione. Non è forse un caso che la maggior parte degli oscar se li sono spartiti questa pellicola e "The Artist" un film muto? Forse c'è voglia di guardare il passato?
Si, ma la trama? La trama la trovate ovunque e talvolta pecca un po' nel film rallentandolo troppo. Menzione finale speciale per due attori: Ben Kingsley (premio oscar per Gandhi, qua veramente somigliante al Melies originale) e Sacha Baron Cohen (quello di Borat!) nei panni dell'odioso poliziotto.
MG
Secondo punto di vista: Hugo Cabret è un omaggio alla storia del cinema in particolar modo ai primi capolavori del cinema muto e all'inventore degli effetti speciali, George Melies. Per farlo si affida a mezzi come la tecnologia 3D e numerose citazioni cinematografiche e ricostruzioni storiche. Raccontare la storia (inventata) del cinema muto con la tecnologia 3D è un modo fantastico per chiudere il cerchio della storia del cinema, può sembrare un controsenso (diciamolo poi spesso gli occhialini e le scene sono alquanto fastidiosi alla retina!), ma la neve tridimensionale su Parigi è un bell'effetto speciale. Quanto alle citazioni storiche, il disastro della stazione Montparnasse sognato dal piccolo Hugo e l'incredibile vita di George Melies valgono da sole tutto il film. Le citazioni cinematografiche mandano in sollucchero ogni amante del cinema muto o studende del DAMS et similari: da "Viaggio nella luna" dello stesso Melies a "Preferisco l'ascensore" per la scena dell'orologio, passando per Chaplin e Buster Keaton scatenando una vera caccia alla citazione. Non è forse un caso che la maggior parte degli oscar se li sono spartiti questa pellicola e "The Artist" un film muto? Forse c'è voglia di guardare il passato?
Si, ma la trama? La trama la trovate ovunque e talvolta pecca un po' nel film rallentandolo troppo. Menzione finale speciale per due attori: Ben Kingsley (premio oscar per Gandhi, qua veramente somigliante al Melies originale) e Sacha Baron Cohen (quello di Borat!) nei panni dell'odioso poliziotto.
MG
giovedì 1 marzo 2012
Paradiso Amaro.
Siamo abituati a vedere George Clooney nei panni dell'uomo cool senza problemi, vestito di tutto punto e senza problemi, l'uomo Nescafè ristretto. Nonostante tutto il buon George cerca spesso ruoli fuori dallo "splendido brizzolato" come nelle "Idi di Marzo" o "Good Night, and Good Luck " e come in questa pellicola appunto. Il regista Alexander Payne indaga sul senso di lutto in un ambito familiare difficile, ma reale: il capofamiglia Matt King (George Clooney) si trova a gestire oltre ad una vendita di un enorme quantità di terreno per conto dei suoi cugini, la moglie in coma, il rapporto non semplice con le due figlie e una serie di personaggi alquanto insoliti (dal suocero all’amico fumato della figlia). Il tutto si svolge nelle isole Hawaii fuori dall’immaginario cinematografico con un caldo inverno oceanico, il look dei personaggi con camicie sgualcite a fiori, case e piscine non perfettamente pulite, insomma un atmosfera molto reale. Il maggior pregio del film è quello di trattare un tema difficile come il dolore (e la rabbia) per un lutto senza retorica e riuscendo a strappare qualche risata amara benefica. Forse meritava qualcosa in più alla notte degli oscar.
MG.
MG.
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