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domenica 19 maggio 2013

Burrasca

- per tornare bambini
- per ridere digusto
- per giocare

Ogni tanto è bello ritornare bambini.
Ogni tanto è bello rivivere gli eventi che, in qualche modo, hai vissuto da piccolo vedendoli, adesso, con gli occhi di un adulto e riderne di una risata sincera e genuina.



Ispirato al personaggio di Gian Burrasca, bambino discolo e dispettoso, Guido Nardin, con la regia di Luca Regina, porta sul palcoscenico di Officina Giovani "Burrasca", un Ugo Sanchez Jr. a scuola.

La buona regia mostra lo studio attento che c'è dietro a questo spettacolo, curato nei minimi particolari e visto con gli occhi di un bambino riguardo tutto quello che è la regola: non ci sono regole! Devi stare composto? Devi stare fermo? Devi stare in silenzio? Devi fare il bravo? Nessuna regola rispettata in quel tempo che Burrasca si ritaglia nell'attesa dell'arrivo della maestra; quel tempo è tempo per il gioco e non va perso.

foto di Cristiano Luca Martini

Bello il coinvolgimento del pubblico, quei grandi e piccini che rappresentano un po' i suoi compagni di classe. Con loro gioca e loro, forse all'inizio un po' freddi o spiazzati, riescono ad entrare nei personaggi rendendo gioco tutto lo spettacolo e regalando calorosi e meritati applausi al piccolo Burrasca.

foto di Cristiano Luca Martini

foto di Cristiano Luca Martini

L'accompagnamento musicale dal vivo di Giovanni Favuzza è un ottimo supporto per lo spettacolo e si fonde perfettamente con esso creando un'atmosfera di presa in giro, di scherzo e di quella sensazione che fa in modo che tu ti chieda "chissà cosa combina adesso?", temendo qualcosa di simpaticamente pericoloso.

Anche questa volta, Ugo ci ha portati nel suo mondo mandandoci però a nanna con il sorriso e gli occhi pieni di curiosità, meraviglia e stupore che solo i bambini sanno avere.

marel

mercoledì 3 aprile 2013

Voci Interrotte - tra talento e inquietudine


- Il piacere di una serata diversa nonostante la pioggia
- Ottima organizzazione dell'evento
- Buona Musica


Questo scritto non vuole essere una recensione ma più un sincero complimento a chi si è impegnato nell'organizzazione e nella "costruzione" di tre serate che hanno intrattenuto un pubblico pratese accorso con entusiasmo nonostante le condizioni climatiche spesso avverse.
Sotto la direzione artistica di Francesca D’Ugo, affiancata dall’associazione Ipazia e, in collaborazione col Comune di Prato e la Scuola di Musica “G. Verdi”, l’evento “Voci Interrotte - tra talento e inquietudine” si è potuto svolgere negli spazi di Officina Giovani in tre Lunedì successivi di Marzo.
L'evento è stato un percorso musicale, teatrale, fotografico e narrativo dedicato a tre figure femminili che hanno lasciato un segno nel mondo della musica: Billie Holiday, Janis Joplin ed Amy Winehouse. Tre vite difficili, tre vite ribelli segnate da droga, alcool e relazioni burrascose, tre donne di tre epoche diverse, dal primo dopoguerra fino agli anni più recenti, tre donne che iniziano la carriera di interpreti molto giovani e che, purtroppo, altrettanto giovani la interrompono.




La prima serata (lunedì 11 marzo) è stata dedicata a Billie Holiday, Signora del Jazz e del blues degli anni 30-40; un trascorso adolescenziale molto travagliato tra prostituzione e violenze fino ai 15 anni, poi la svolta: il canto. Sul palcoscenico diventava Lady Day e aveva come segno distintivo una gardenia bianca. E’ stata una delle prime cantanti nere a emergere in un’America segnata dalla segregazione razziale. La sua voce calda e avvolgente e, alla fine della sua carriera anche malinconica, influenzò cantanti quali Janis Joplin (artista alla quale è dedicata la seconda serata) e la nostra Giorgia. La voce e l'interpretazione favolosa di Michela Lombardi (Michela Lombardi Quartet - http://www.michelalombardi.it)  ci ha lasciati a bocca aperta fin dalla prima nota; la sua intensa e delicata interpretazione ha espresso in pieno gli umori delle canzoni di Billie Holiday regalandoci sensazioni di piacevole nostalgia. Grazie ai piacevoli racconti di Stefano Zenni, uno tra i più grandi esperti di Jazz in Italia, è stato possibile contornare le suggestioni musicali con aneddoti e informazioni utili a comprendere la personalità della cantante di Filadelfia.




Il secondo appuntamento della rassegna, è stato dedicato a Janis Joplin, cantante americana di fine anni '60 inizi '70, un puro spirito ribelle in conflitto con tutti che condivise gli ideali del movimento hippy. Hippy è infatti la sua libertà di interpretare ed esprimere a trecentosessanta gradi la sua personalità nonostante le varie convenzioni sociali. Puro emblema di quegli anni in cui la contestazione era ormai sdoganata e urlata, anche attraverso una voce potente e graffiante, quasi fastidiosa. Valeria Neri & band tribute to Janis, con il loro talento, ci hanno fatto conoscere e rivivere questo meraviglioso personaggio con tanta grinta, passione e trasporto. Un'interpretazione carica di entusiasmo, amore per la musica e voglia di trasmettere al pubblico i sentimenti, la personalità e il conflitto interiore di questa cantante che, come Billie Holiday ha interrotto la sua carriera troppo presto. Janis Joplin perde la vita a 27 anni per overdose e viene inserita nel Club of 27 o maledizione del J27: un "club" dove vengono inseriti artisti deceduti a 27 anni per morti violente dovute, spesso, ad abusi quali droghe e alcool. Un'altra caratteristica del club è quella di avere personaggi i quali nomi o cognomi abbiano come iniziale una "J". (ne fanno parte Janis Joplin come Jimi Hendrix, Jim Morrison, Jean Michael Basquiat, Brian Jones, Amy Jade Winehouse e tanti altri).




Come Janis Joplin, anche Amy Jade Winehouse, viene inserita nel Club 27.
Deceduta giusto 2 anni fa, è a lei che viene dedicata la serata conclusiva dell’evento. Ed è proprio l’organizzatrice Francesca D’Ugo, accompagnata dalla Band Tribute to Amy, che ci stupisce interpretando magnificamente i brani di maggior successo e di maggior rilievo biografico dell’artista britannica. 
Amy Jade Winehouse, cantautrice londinese, comincia il suo percorso musicale nel 2003 per vincere nel 2007 con la canzone Back to Black ben 5 Grammy Awards. 
Come le due precedenti artiste, anche la sua vita è trascorsa in modo particolarmente irrequieto, Alcool, droga, problemi di anoressia ed inquietudini sentimentali l'hanno portata, purtroppo, ad un decesso prematuro.
La Winehouse è una delle esponenti della seconda generazione di cantanti del soul bianco. La sua voce e la sua musica raccontano in modo sincero e sarcastico le sue tristezze, i sui dispiaceri, le pene dell'amore e dell'amore come fonte di sofferenza.

Seguendo una tradizione non scritta dei Lunedì Jazz ad Officina Giovani, la buona musica e i grandi artisti tornano ad essere rievocati davanti al pubblico pratese, eterogeneo e sempre sorprendentemente presente. Francesca D'Ugo e le associazioni che hanno collaborato con lei hanno sicuramente trovato una formula interessante per narrare vicende biografiche altrimenti relegate al solo tributo musicale.


marel&AuLin

lunedì 14 gennaio 2013

“Io non sono lei/ Una mela marcia rende marcio tutto il paniere” di e con Francesca Sarteanesi.


Officina Giovani - Re-think festival - Domenica 6 gennaio 2013



  • Per goderne dell’intensità emotiva
  • Per indossare il nostro abito bianco
  • Per la questione del “debito”

Questo progetto nasce da un incontro casuale, fatto all’interno del centro di attività espressive “La Tinaia” di Firenze. “Ho incontrato una signora di una settantina d’anni ormai suonati". Lei ha elaborato un trattato attraverso undici tavole disegnate e scritte dove racconta la sua esperienza con la psichiatria. Ad ogni medicinale assunto corrisponde un disegno. Ogni tavola descrive con amarezza ed ironia come il suo corpo e la sua mente abbiano reagito ad ogni singolo farmaco da lei stessa consapevolmente ingerito.                                                                           F. Sarteanesi

Quando una rappresentazione ha una matrice umana tangibile ed ancor più se tale matrice tesse fitte tele di sofferenza e coraggio, ecco, mi sento sempre in dovere di esser ancor più vigile e totalmente presente verso ciò che ho davanti. È come se dietro la rappresentazione si creasse una sorta di debito non solo verso chi la realizza sul momento ma anche nei confronti di chi l’ha vissuta precedentemente. Anche per questo motivo ho voluto riportare le parole dell’ideatrice e protagonista del lavoro. Il “materiale umano” va conservato e valorizzato.              
Preciso di aver visto solo un estratto del progetto che mi ha comunque incuriosita oltreché convinta.
Nella performance, ancor prima che l’attrice entri in scena, lo spettatore viene colpito visivamente da un drappo bianco che riempie lo spazio e solo in un secondo momento l’occhio vi scopre un vestito semplice, intuitivamente morbido ma altrettanto pesante da portare da soli. Il modo in cui ingenuamente e delicatamente viene indossato commuove e turba al tempo stesso. Paradossalmente rispetto a ciò che la taglia umana criticherebbe, risulta altrettanto evidente che sia il suo “abito”.
In questo modo la protagonista Ci parla; di sé, di quello che l’assunzione di farmaci le ha portato, ma anche di noi. E non c’è alcun modo di sfuggire come emerge dal continuo risuonare di nomi… il mio, il tuo, quello dello spettatore dietro di te…
Francesca Sarteanesi non appare mai sopra le righe, prudente nella gestualità senza quegli eccessi edulcorati che rischierebbero di cadere nel patetico, elegante e rispettosa senza perdere quell’intensità che riesce a persuaderti.
Restano interrogativi; una mela marcia rende marcio tutto il paniere? Anche se mi domando ancora quale sia la mela marcia e, principalmente, una mela prima di marcire, che mela è?


Rizzosi