venerdì 14 giugno 2013

Parliamo di musica di Stefano Bollani.


-Perchè in Italia non si parla molto spesso di musica;
-Per la fantastica storia del Jazz;
-Per come scorre il libro;

Stefano Bollani è un "guascone" del pianoforte. Ironico e pungente, tecnico e appassionato, quando suona sembra una carambola di sponde di biliardo sonore che ti butta giù il castello di birilli che ti eri costruito. Eppure, al contrario di tanti "intellettuali" non è mai volgare, mai sopra le righe, mai offensivo
con nessuno. Spavaldo come un musicista della sua caratura può essere, ma mai arrogante.

Il suo libro rispetta pienamente il suo carattere. "Parliamo di musica" inizia con delle spiegazioni tecniche sulla musica e i suoi "elementi", dalla tonalità al tempo e da come i compositori e i musicisti usano le scale maggiori e minori per creare melodie nostalgiche o impetuose. I capitoli non seguono una linea logica, sono come pagine di un diario di pensieri liberi, si passa dal jazz (nata come una musica libera e di sfida e diventata una musica "chiusa" e ristretta a circoli esclusivi), a anedotti di viaggi come quello nelle favelas di Rio de Jainero.

Nella sua carriera ha suonato con Irene Grandi, Jovanotti e Raf, ma anche con i maestri del Jazz italiano come Enrico Rava e Paolo Fresu, con musicisti internazionali come Richard Galliano e Chick Corea, ma nel libro non c'è un'esaltazione egocentrica di questi nomi, al massimo parole di elogio per questi artisti (e tanti altri molto meno noti).

La grande capacità di Bollani scrittore è di spiegare come la musica non sia quel mondo esclusivo, dove se non conosci riesci a posizionare le note su un pentagramma, non puoi capire la musica. La musica è fatta di passioni, di sentimenti e sensazione che suscita, di stati d'animo, di persone e sfide. La musica parla in modo diretto anche se non la conosci, magari se hai gli strumenti riesci ad capire meglio cosa stai ascoltando.
Bollani riesce a spiegarti Antônio Carlos Jobim parlando di Chopin, ma anche di Gino Paoli, decostruendo i "trucchi" nascosti in una melodia, nel timbro vocale di una canzone e dei costrutti musicali eloborati che vi sono dietro.

Sono due le domande che pone Bollani alla fine e all'inizio del libro: si può imparare ad ascoltare la musica? E ad imparare la musica?

E la risposta-accusa dell'autore è: "Ti insegnano a disegnare e non a cantare, ti insegnano a leggere e a capire le arti figurative ma non ad ascoltare la musica, ti insegnano a godere della poesia e non al suono di un clarinetto, ti insegnano la storia della cultura del tuo e di altti paesi e non ti parlano mai dell'apporto dato dai musicisti. Giuro che non capisco perchè. Non c'è governo che tenga, la musica e la sua storia non interessa a nessuno dei nostri politici.".

MG.

giovedì 6 giugno 2013

Tutti pazzi per Rose di Régis Roinsard.

-Per rivivere gli anni '50 delle riviste di moda della nonna;
-Per la colonna sonora non banale;
-Per la bravura (e la bellezza) della protagonista Déborah François;



Partiamo subito dal tallone di Achille del film: la trama. Fine anni '50 la giovane Rose Pamphyle (Déborah François) scappa dal suo piccolo paese della Normandia per andare a fare un colloquio come segretaria per l'ufficio di assicurazione del carismatico Louis Echard (Romain Duris). Naturalmente viene assunta ma, la nostra candida giovane francese imbranata, ha un talento innato: la dattilografia! Così rispettando il luogo comune della segretaria bravissima a scrivere a macchina come massima aspirazione della vita della donna degli anni cinquanta, il bel francese tutto d'un pezzo la vuole allenare per i tornei regionali di velocità di battitura a macchina. Tra mille peripezie sentimentali e psicologiche (lui tormentato dal suo passato burrascoso, lei algida e insicura di se stessa, le varie famiglie ecc...), il resto della trama ed è ESATTAMENTE quello che state pensando.



Quindi? Il film è da buttare? Tutt'altro. Il film si salva egreggiamente grazie a tutto quello che sta attorno alla trama, per fortuna! A partire dalle scenografie, alla cura dei dettagli dal design alla grafica delle macchine da scrivere e dei colori usati per imparare a dattilografare. Se il sempre francese "The Artist" l'anno scorso ha ricostruito con cura maniacale le ambientazioni del cinema muto, questa pellicola ricrea le atmosfere dei film di Marilyn e Audrey Hepburn (a cui la protagonista si ispira come look e tipologia di bellezza). 


 La colonna sonora sempre azzeccata e quel pizzico di nonsense (come la scena della tempesta di fogli da macchina da scrivere) forse, se fosse stato usato con meno parsimonia, avrebbe reso la pellicola meno scontata.

Il film è debitore alla bravura dell'attrice Rose/Déborah forse di più di quanto fosse "Il famoso mondo di Ameliè Poulain" a Audrey Tautou.



PS: ma chi diavolo decide di tradurre il titolo originale del film "Populaire" (il nome della macchina da scrivere usata in gara), in uno scontato "Tutti pazzi per Rose"?

MG.

domenica 26 maggio 2013

Arjun Appadurai a Dialoghi sull'uomo - Pistoia.

-Per ascoltare opinioni fuori dal banale pensiero comune;
-Per allargare i propri confini culturali;
-Il centro di Pistoia è bello, anche con la pioggia.

Dialoghi sull'uomo è un festival che si svolge a Pistoia giunto alla quarta edizione. Scrittori, sociologi, filosofi, cantanti, antropologi... o molto più semplicemente pensatori sono invitati a tenere una conferenza-lezione su un tema. Il tema di quest'anno è stato il viaggio.

Arjun Appadurai è un antropologo di origine indiana che insegna alla Columbia University, che affronta il sistema della complessità della globalizzazione. Accompagnato dalla traduttrice Marina Astrologo, il professore Appadurai delinea a grandi linee il fenomeno dei flussi di spostamento. Spostamento delle persone, che vuol dire emigrazione e scambi culturali, sfide per la nostra complessa modernità. Spostamento delle merci, sempre più veloci e sempre più globale, grazie ai mezzi di transporto. E infine lo spostamento delle idee, trasportate dai mezzi di comunicazioni di massa, dalla televisione a internet. Il tutto analizzato dall'occhio dell'esperto antropologo indiano che non sempre usa termini semplici o diretti per spiegare teorie che forse meriterebbero maggior approfondimento o maggior esempi chiarificatori.



Il ruolo istituzionale delle nazioni viene per esempio sorpassato spesso dal potere delle corporation e lo spostamento delle idee avviene sempre più velocemente rispetto a quello delle istituzioni culturali, come le università ad esempio.

Con questa velocità e con questo "mixture" di culture, merci e idee fanno si che "locale" e "globale" sono concetti nella nostra modernità descritta da Habermas, che si confrontano, scontrano e mischiano, inevitabilmente.


Intervista esclusiva dal sito del festival di Marco Aime e Adriano Favole ad Arjun Appadurai.

Rimangono delle domande che avrei voluto porre al professor Appadurai, specie sulla sua affascinante affermazione riguardo i termini "nazione" e "romanzo" quando ha detto: "vi sono nazioni senza romanzi e romanzi senza nazione".

Forse l'impossibilità di porre domande da parte del pubblico è l'unica vera pecca di un festival ben fatto, in una piccola città toscana che personalmente non smette mai di stupirmi.

MG.

domenica 19 maggio 2013

Burrasca

- per tornare bambini
- per ridere digusto
- per giocare

Ogni tanto è bello ritornare bambini.
Ogni tanto è bello rivivere gli eventi che, in qualche modo, hai vissuto da piccolo vedendoli, adesso, con gli occhi di un adulto e riderne di una risata sincera e genuina.



Ispirato al personaggio di Gian Burrasca, bambino discolo e dispettoso, Guido Nardin, con la regia di Luca Regina, porta sul palcoscenico di Officina Giovani "Burrasca", un Ugo Sanchez Jr. a scuola.

La buona regia mostra lo studio attento che c'è dietro a questo spettacolo, curato nei minimi particolari e visto con gli occhi di un bambino riguardo tutto quello che è la regola: non ci sono regole! Devi stare composto? Devi stare fermo? Devi stare in silenzio? Devi fare il bravo? Nessuna regola rispettata in quel tempo che Burrasca si ritaglia nell'attesa dell'arrivo della maestra; quel tempo è tempo per il gioco e non va perso.

foto di Cristiano Luca Martini

Bello il coinvolgimento del pubblico, quei grandi e piccini che rappresentano un po' i suoi compagni di classe. Con loro gioca e loro, forse all'inizio un po' freddi o spiazzati, riescono ad entrare nei personaggi rendendo gioco tutto lo spettacolo e regalando calorosi e meritati applausi al piccolo Burrasca.

foto di Cristiano Luca Martini

foto di Cristiano Luca Martini

L'accompagnamento musicale dal vivo di Giovanni Favuzza è un ottimo supporto per lo spettacolo e si fonde perfettamente con esso creando un'atmosfera di presa in giro, di scherzo e di quella sensazione che fa in modo che tu ti chieda "chissà cosa combina adesso?", temendo qualcosa di simpaticamente pericoloso.

Anche questa volta, Ugo ci ha portati nel suo mondo mandandoci però a nanna con il sorriso e gli occhi pieni di curiosità, meraviglia e stupore che solo i bambini sanno avere.

marel

venerdì 17 maggio 2013

Il grande Gatsby

- ...era una dote straordinaria di speranza, una prontezza romantica 
  quale non ho mai trovato in altri, e quale probabilmente non troverò mai più
   
- Non c'è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare 
  nel proprio cuore
 
- Così rimiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato





Quando lo stravagante Buz Luhrmann decide di farci sognare non si limita.
Come era già accaduto per Romeo+Giulietta (1996) e Moulin Rouge! (2001), 
anche in questa pellicola, egli sfodera tutte le armi a disposizione per ricreare 
quegli scenari e atmosfere che ci fanno venire la voglia di essere li; questa volta 
tra gli sconosciuti invitati del Trimalcione di Francis Scott Fitzgerald; come sempre 
il risultato è un capolavoro.
Tra lustrini, feste sfrenate e fiumi d'alcol ci ritroviamo catapultati nella New York anni '20, quando il crollo della Borsa era ancora lontano.
Il discreto Nick Carraway, interpretato da Tobey Maguire, racconta in prima persona la storia del self-made-man dalle bellissime e fresche camicie Jay Gatsby, l'impeccabile Leonardo Di Caprio, eroe romantico moderno, che per amore della bella e superficiale Daisy, l'eterea Carey Mulligan, costruisce dal nulla un impero paragonabile al di lei marito, da sempre odiato.
Ancora una volta lo stile del regista australiano è incisivo: movimenti di macchina veloci e vertiginosi mettono in risalto splendide e ridondanti scenografie, che si aprono su molteplici scenari, mentre la fotografia sottolinea magistralmente luci e colori, rimanendo piacevolmente catturati dalla sfilata dei sontuosi abiti di scena, creati con ricercata eleganza dalla stessa costumista di Moulin Rouge!, Catherine Martin.



Nondimeno la colonna sonora contribuisce a questo caleidoscopico carnevale, 
grazie alla collaborazione con il produttore-rapper-imprenditore Jay-Z e il compositore scozzese, Craig Armstrong (responsabile anche di quel capolavoro che è la colonna sonora di Moulin Rouge!), riuscendo a far convivere hip pop, rock ed elettronica; che a quanto pare è piaciuta parecchio anche alla nipote ultraottantenne di Scott Fitzgerald.
Le scene finali si chiudono sotto una nevicata di bianche lettere che danzando compongono il passo finale del testo originale, mentre da lontano un lieve ticchettare di tasti di una macchina da scrivere ci accompagna verso i titoli di coda.
Poetico.
Ahimè, gli addetti ai lavori non hanno apprezzato il film, ma Luhrmann ha serenamente risposto che molti avevano storto il naso all'uscita del libro, ma ora è un grande classico.
Che dire? Ai posteri l'ardua sentenza.

Nesh


lunedì 6 maggio 2013

Se ti Abbraccio non avere paura


- per guardare il mondo con occhi nuovi
- per scoprire il coraggio di un padre
- per conoscere Andrea


Per certi viaggi non si parte mai quando si parte. Si parte prima.”




Franco Antonello potrebbe sembrare una rock star, ne ha l'aspetto, ma non lo è; non è nemmeno un supereroe, anche se si batte ogni giorno per creare un mondo all'altezza di Andrea; è semplicemente un papà, il papà di Andrea, bellissimo ragazzo di diciotto anni affetto da autismo.
Se ti abbraccio non avere paura è un diario di bordo scritto da Fulvio Ervas che narra l'incredibile avventura on the road di quest'insolita coppia di vagabondi capelloni, un viaggio che inizia da quando Andrea aveva poco più di due anni, quando il medico emanò il suo verdetto: autismo.
Contro ogni previsione e aspettativa, che vuole ogni autistico incapace di adattarsi ai cambiamenti, Franco testardo, intraprende quest'avventura con la speranza di cambiare qualcosa nella vita di Andrea, di migliorarla, ma l'esperienza sarà per lui un'occasione per imparare a percepire il mondo con gli occhi di suo figlio. 





Sfrecciando sull'Harley Davidson lungo praterie, deserti, città e mari, in un paesaggio sconfinato e in continuo cambiamento, Andrea ci trascina in punta di piedi, silenziosamente, nel suo labirinto, attraverso pensieri frammentati, segnandoci la strada con minuscoli pezzetti di carta e mappe fatte di crema di gelato colorato, trasmettendo emozioni semplici, fatte di abbracci e sorrisi bellissimi, riuscendo a farci emozionare in ogni istante, rimanendo sbalorditi e affascinati come bambini.

Nesh



Se ti abbraccio non avere paura, edito da Marcos Y Marcos, tradotto in 6 lingue, ha venduto oltre 300.000 copie. Con i proventi di questo libro, Andrea a Franco hanno regalato al loro amico Jorge e alla sua famiglia una casa in Costa Rica.
Per maggiori informazioni sulla fondazione:http://www.ibambinidellefate.it/

domenica 28 aprile 2013

Oblivion di Joseph Kosinski.

-Tom Cruise è come la pizza margherita, buona e sai sempre quello che hai ordinato. Morgan Freeman è qualcosa di più.
-La trama che stupisce.
-Tra sabbia, deserto, fiumi e macerie: la New York che non ti aspetti.


Nuovo film di fantascienza per il regista di Tron: Legacy (seguito di Tron del 1985), Joseph Kosinski, tratto da un suo racconto per una graphic novel mai realizzata. In un futuro la Terra è stata invasa da una razza aliena che ha distrutto la Luna e scatenato una guerra distruttrice. Il nostro pianeta è ridotto a un colabrodo ed è sepolto da sabbia e canyon, i mari vengono prosciugati da idrovore per l’energia elettrica mentre tutta la popolazione è trasferita su Titano. Eccezione fatta per Jack Harper (Tom Cruise) e la sua compagna Victoria che hanno il compito di far manutenzione ai droni attaccati dagli “alieni”.

 
Fin qui la prima parte del film, con una trama semplice che ricorda un po’ il robottino spazino di Wall-E (povero Cruise!) e  gli scenari post-apocalittici della saga del Pianeta delle Scimmie (compresa la fiamma della statua della libertà). Ma la trama naturalmente si complica e lo scenario si ribalta completamente.
 

Il film funziona, gli attori sono bravi Tom Cruise (che addirittura si sdoppia…), ma soprattutto Morgan Freeman. Le scenografie e i paesaggi sono tra le cose migliore della pellicola, tra la natura selvaggia dell’Islanda, dove è stato girato il film e quello che resta di una futuristica New York, compreso il grattacielo che prenderà il posto delle Torri Gemelle, non è un caso che il regista sia un laureato in Architettura.
MG.