domenica 28 aprile 2013

Oblivion di Joseph Kosinski.

-Tom Cruise è come la pizza margherita, buona e sai sempre quello che hai ordinato. Morgan Freeman è qualcosa di più.
-La trama che stupisce.
-Tra sabbia, deserto, fiumi e macerie: la New York che non ti aspetti.


Nuovo film di fantascienza per il regista di Tron: Legacy (seguito di Tron del 1985), Joseph Kosinski, tratto da un suo racconto per una graphic novel mai realizzata. In un futuro la Terra è stata invasa da una razza aliena che ha distrutto la Luna e scatenato una guerra distruttrice. Il nostro pianeta è ridotto a un colabrodo ed è sepolto da sabbia e canyon, i mari vengono prosciugati da idrovore per l’energia elettrica mentre tutta la popolazione è trasferita su Titano. Eccezione fatta per Jack Harper (Tom Cruise) e la sua compagna Victoria che hanno il compito di far manutenzione ai droni attaccati dagli “alieni”.

 
Fin qui la prima parte del film, con una trama semplice che ricorda un po’ il robottino spazino di Wall-E (povero Cruise!) e  gli scenari post-apocalittici della saga del Pianeta delle Scimmie (compresa la fiamma della statua della libertà). Ma la trama naturalmente si complica e lo scenario si ribalta completamente.
 

Il film funziona, gli attori sono bravi Tom Cruise (che addirittura si sdoppia…), ma soprattutto Morgan Freeman. Le scenografie e i paesaggi sono tra le cose migliore della pellicola, tra la natura selvaggia dell’Islanda, dove è stato girato il film e quello che resta di una futuristica New York, compreso il grattacielo che prenderà il posto delle Torri Gemelle, non è un caso che il regista sia un laureato in Architettura.
MG.

mercoledì 3 aprile 2013

Voci Interrotte - tra talento e inquietudine


- Il piacere di una serata diversa nonostante la pioggia
- Ottima organizzazione dell'evento
- Buona Musica


Questo scritto non vuole essere una recensione ma più un sincero complimento a chi si è impegnato nell'organizzazione e nella "costruzione" di tre serate che hanno intrattenuto un pubblico pratese accorso con entusiasmo nonostante le condizioni climatiche spesso avverse.
Sotto la direzione artistica di Francesca D’Ugo, affiancata dall’associazione Ipazia e, in collaborazione col Comune di Prato e la Scuola di Musica “G. Verdi”, l’evento “Voci Interrotte - tra talento e inquietudine” si è potuto svolgere negli spazi di Officina Giovani in tre Lunedì successivi di Marzo.
L'evento è stato un percorso musicale, teatrale, fotografico e narrativo dedicato a tre figure femminili che hanno lasciato un segno nel mondo della musica: Billie Holiday, Janis Joplin ed Amy Winehouse. Tre vite difficili, tre vite ribelli segnate da droga, alcool e relazioni burrascose, tre donne di tre epoche diverse, dal primo dopoguerra fino agli anni più recenti, tre donne che iniziano la carriera di interpreti molto giovani e che, purtroppo, altrettanto giovani la interrompono.




La prima serata (lunedì 11 marzo) è stata dedicata a Billie Holiday, Signora del Jazz e del blues degli anni 30-40; un trascorso adolescenziale molto travagliato tra prostituzione e violenze fino ai 15 anni, poi la svolta: il canto. Sul palcoscenico diventava Lady Day e aveva come segno distintivo una gardenia bianca. E’ stata una delle prime cantanti nere a emergere in un’America segnata dalla segregazione razziale. La sua voce calda e avvolgente e, alla fine della sua carriera anche malinconica, influenzò cantanti quali Janis Joplin (artista alla quale è dedicata la seconda serata) e la nostra Giorgia. La voce e l'interpretazione favolosa di Michela Lombardi (Michela Lombardi Quartet - http://www.michelalombardi.it)  ci ha lasciati a bocca aperta fin dalla prima nota; la sua intensa e delicata interpretazione ha espresso in pieno gli umori delle canzoni di Billie Holiday regalandoci sensazioni di piacevole nostalgia. Grazie ai piacevoli racconti di Stefano Zenni, uno tra i più grandi esperti di Jazz in Italia, è stato possibile contornare le suggestioni musicali con aneddoti e informazioni utili a comprendere la personalità della cantante di Filadelfia.




Il secondo appuntamento della rassegna, è stato dedicato a Janis Joplin, cantante americana di fine anni '60 inizi '70, un puro spirito ribelle in conflitto con tutti che condivise gli ideali del movimento hippy. Hippy è infatti la sua libertà di interpretare ed esprimere a trecentosessanta gradi la sua personalità nonostante le varie convenzioni sociali. Puro emblema di quegli anni in cui la contestazione era ormai sdoganata e urlata, anche attraverso una voce potente e graffiante, quasi fastidiosa. Valeria Neri & band tribute to Janis, con il loro talento, ci hanno fatto conoscere e rivivere questo meraviglioso personaggio con tanta grinta, passione e trasporto. Un'interpretazione carica di entusiasmo, amore per la musica e voglia di trasmettere al pubblico i sentimenti, la personalità e il conflitto interiore di questa cantante che, come Billie Holiday ha interrotto la sua carriera troppo presto. Janis Joplin perde la vita a 27 anni per overdose e viene inserita nel Club of 27 o maledizione del J27: un "club" dove vengono inseriti artisti deceduti a 27 anni per morti violente dovute, spesso, ad abusi quali droghe e alcool. Un'altra caratteristica del club è quella di avere personaggi i quali nomi o cognomi abbiano come iniziale una "J". (ne fanno parte Janis Joplin come Jimi Hendrix, Jim Morrison, Jean Michael Basquiat, Brian Jones, Amy Jade Winehouse e tanti altri).




Come Janis Joplin, anche Amy Jade Winehouse, viene inserita nel Club 27.
Deceduta giusto 2 anni fa, è a lei che viene dedicata la serata conclusiva dell’evento. Ed è proprio l’organizzatrice Francesca D’Ugo, accompagnata dalla Band Tribute to Amy, che ci stupisce interpretando magnificamente i brani di maggior successo e di maggior rilievo biografico dell’artista britannica. 
Amy Jade Winehouse, cantautrice londinese, comincia il suo percorso musicale nel 2003 per vincere nel 2007 con la canzone Back to Black ben 5 Grammy Awards. 
Come le due precedenti artiste, anche la sua vita è trascorsa in modo particolarmente irrequieto, Alcool, droga, problemi di anoressia ed inquietudini sentimentali l'hanno portata, purtroppo, ad un decesso prematuro.
La Winehouse è una delle esponenti della seconda generazione di cantanti del soul bianco. La sua voce e la sua musica raccontano in modo sincero e sarcastico le sue tristezze, i sui dispiaceri, le pene dell'amore e dell'amore come fonte di sofferenza.

Seguendo una tradizione non scritta dei Lunedì Jazz ad Officina Giovani, la buona musica e i grandi artisti tornano ad essere rievocati davanti al pubblico pratese, eterogeneo e sempre sorprendentemente presente. Francesca D'Ugo e le associazioni che hanno collaborato con lei hanno sicuramente trovato una formula interessante per narrare vicende biografiche altrimenti relegate al solo tributo musicale.


marel&AuLin