Sabato 23 febbraio al Teatro Impavidi di Sarzana
Scritto da Claudia Ceroni, Mauro Monni e Giovanni Palanza.
Regia e attori Mauro Monni e Giovanni Palanza.
-Per la bellezza di un’utopia;
-Perché l’utopia diventa realtà;
-Per la bravura dei due attori.
Nel 1968
in pieno clima rivoluzionario, l’ingegnere bolognese Giorgio
Rosa (Mauro Monni) propone al suo amico e confidente Pietro (Giovanni Palanza) la
sua idea di fondare una nazione tutta sua: l’Isola delle Rose. Al largo della
riviera romagnola, in acque internazionali ma facilmente raggiungibile da
Rimini, l’ingegner Rosa vuole costruire una piccola piattaforma di 20x20mq,
alta cinque piani per i turisti, gli avventurieri e i sognatori. Perché
l’ingegner Rosa è un sognatore, che immagina una sua micronazione lontana dalle
“rivoluzioni dei capelloni” ma anche dalla società omologatrice e convince
Pietro a lasciare sua moglie a Bologna e tentare questa folle impresa.
Così quello che sembra impossibile si realizza, forse per
ora non i cinque piani pensati da Rosa, ma l’isola piattaforma viene costruta e
i due compagni sognatori, come moderni Don Chisciotte e Sancho Panza, diventano
rispettivamente il Presidente e il Ministro delle Poste. Surreali quanto la Nazione di 20mq che
rappresentano.
Battute e citazioni colte (come il già menzionato Cervantes), vecchie canzoni e la sana ironia (presente nei Match d'Improvvisazioni teatrale che i due conoscono molto da vicino) condiscono tutto lo spettacolo in una continua serie di risate.
Tra panfili che passano e salutano, i problemi
d’inaugurazione di un nuovo stato con lingua ufficiale esperanto, la bandiera
usata come straccio, l’inno (“qualcosa di grande e di piccolo contemporaneamente”
indovinate quale canzone dei Pooh viene scelta?), i problemi fisici di una
micronazione e problemi con l’Onu, il sogno utopico di Rosa è diventato realtà,
ma si deve fronteggiare con altre realtà più solide, lo Stato Italiano in
primis.
Ci sono due considerazioni finali:
- La cosa più incredibile è che la storia dell'Isola delle Rose e del suo ambizioso ideatore è vera (non molti la sanno),
la potete leggere qui. Certo, gli autori l’hanno resa più poetica e sognante,
Giorgio Rosa era un ex-repubblichino di Salò con fini meno poetici e più economici.
-
Il talento di questi due attori fa si che uno
spettacolo di solo due persone, uno spazio così claustrofobico (che a tratti mi
ha ricordato il minuscolo pianeta del Piccolo Principe) sia ironico e esilarante, ma al tempo stesso intenso e ricco di
emozioni.
I due monologhi finali sull’utopia e sull'infelice destino di chi
distrugge un’utopia sono attuali come non mai nei giorni che stiamo vivendo.
MG.
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