sabato 26 gennaio 2013

AMLETO² - Il popolo non ha pane? Diamogli le brioches.


-per assistere ad una favola grottesca
-per ridere
-per l'istrionismo di Timi


La tragedia dell'Amleto è generalmente riconosciuta come il senso stesso del teatro, il simbolo, l'icona quasi sacra, l'alfa e l'omega con la quale ogni bravo attore deve prima o poi fare i conti. Amleto è tormentato e per questo affascinante, simbolo di un dissidio interiore che lo rende ambiguo nei confronti degli altri, ma soprattutto con se stesso, scuro, caratterizzato dal classico abito nero e continuamente perseguitato dai fantasmi della sua famiglia.

Filippo-Amleto-Timi, al teatro della Pergola di Firenze ad inizio gennaio, è invece, protagonista del nostro tempo, un “ragazzino” viziato e annoiato, comico, spiazzante, colorato ma al tempo stesso ambiguo nei suoi gesti e nelle sue parole; è, dunque, elevato a potenza, perchè riesce a coniugare la tragedia, che caratterizza la storia, alla commedia costruita dall'attore umbro.

La scena fissa, il sapiente gioco di luci e le musiche, assolutamente azzeccate e accattivanti, i duetti comici, spesso anche un po' troppo portati all'esasperazione, concorrono a realizzare le fasi della pazzia avanzata del protagonista, conducendoci al commovente monologo finale di Ofelia, bisbigliato tra le braccia di colui che aveva ingannato il suo amore, l'unica ad essere rimasta così come Shakespeare la vuole, eterea, ingenua e innamorata, l'unica che impazzisce sul serio per la più nobile delle cause, l'amore.

 
Nesh

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