giovedì 24 gennaio 2013

Django Unchained


  • Il miglior Tarantino degli ultimi dieci anni
  • Un film dal quale traspare la passione personale del regista per questo genere
  • Immagini, dialoghi e musica magistralmente connessi




Quentin Tarantino ne ha fatta un'altra. 
Da qualche parte negli Stati Uniti del Sud, a pochi anni dalla guerra civile, durante una delle pagine più folli della storia americana. 
Lo schiavo Jamie Django Foxx, dopo essere stato reso libero dal galante cacciatore di taglie, Christoph Waltz, parte con lui per liberare la moglie, la bellissima Kerry Washington, schiava nelle grinfie del crudele e isterico Monsieur Candy, l'ormai icona cinematografica Leonardo Di Caprio, ricco possidente terriero per il quale lavora un insolito maggiordomo afroamericano, Samuel L. Jackson, quantomai buffo e ambiguo.
Questa volta, seppur velata, la sua è una storia d'amore: l'eroe che sfida il mondo per salvare la sua amata, spinto dalla voglia di riscatto personale e dal rancore.
Avvalendosi di un cast stellare ed istrionico, il regista americano gira una pellicola che è un intero omaggio agli spaghetti western.



Il soggetto, tratto dal Django del 1966 di Sergio Corbucci, con protagonista Franco Nero, che per Tarantino appare qui in un'amichevole partecipazione, passa sotto la lente pop e alterata del regista di Knoxville, che sceglie per esso, come sempre, un'eterogenea e assolutamente accattivante colonna sonora, alla quale contribuisce anche il maestro Ennio Morricone, componendo un brano dalla melodia dolce e dal gusto raffinato, che stona piacevolmente con le crudeli e sanguinarie scene. 



In un susseguirsi di citazioni, facili colpi di pistola, dialoghi deliranti e grotteschi accompagnati da scene pulp, come il suggestivo schizzo di sangue rosso sugl'immacolati campi di cotone, lo spettatore rimane incollato alla poltrona per quasi tre ore.
Sarebbe superfluo aggiungere altro, anzi, una nota è d'obbligo: in "Django, la d è muta!".
NESH

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